In tempi come questi
la fuga è l’unico mezzo per sentirsi vivi
e continuare a sognare.”
(Henri Laborit)
Il mio vicino turco sul pulmann per Cesme, quello che nònza, per capirci, sta leggendo i Dubliners di Joyce, ma non riesco a sbirciare a quale racconto è arrivato. Il controllore passa a fare biglietti e a distribuire piccole confezioni di acqua fresca, dio lo benedica, nello zaino ho una bottiglietta mezzo ciucciata, la mia ciambelletta turca e 25 grammi di noci sgusciate (l’ultima lira turca spesa al mercato dietro l’Otogar di Izmir Est, sotto gli occhi increduli del nociaio, europea morta di fame, avrà pensato. Io ho pensato che me le poteva anche regalare, turco tirchio).
A Cesme dice che gli euro li accettano.
Qui sopra c’è il gentleman con cui ho condiviso la mensa, perché non c’erano altri tavoli e gli sarebbe toccato sedersi in mezzo alla strada. Lui col suo Raki, io con il mio Aegea rosso, vendemmia 2008: per averlo, il solito cinema, ma è stato divertente, chi correva di qua e chi di là per farmi felice, nel giro di poco sono arrivate 3 bottiglie di un Cabernet francese, un altra roba non bene identificata e questo Corvus Aegea Kuntra (il nome mi sembrava propizio alla traversata di oggi).
My new friend parla solo turco e tedesco, dunque non capisce un cazzo lui, non capisco un cazzo io: ci guardiamo, brindiamo, mangiamo: una meraviglia!
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“La gente ha paura di dire quello che pensa. Perché se ne vergogna. specie se le capita di farsi domande un po’ bislacche, ma belle. Tipo perché certe cose vanno in un modo anziché in un altro. E vorrebbe inalberarsi un attimo, ma non lo fa. Vive molto più tranquilla se si associa al pensiero comune, che poi è l’interpretazione ufficiale della realtà, il bugiardino delle relazioni umane. Invece chi ha pensieri sghembi e si permette addirittura di esprimerli, si complica la vita. Rischia di non piacere. Di essere frainteso, o rifiutato. Di offendere addirittura. E’ per questo che le persone nascondono quel che pensano, e in questo modo finiscono per fare quello che non vogliono (e poi non si piacciono).”
H. Laborit, ipse dixit.
E’ per questo che a volte c’è bisogno di viaggiare. Di fuggire.
Il mio vicino mette via Joyce, io De Silva, dividiamo le noci, poi mi chiede perché vado in cerca del mastice.
Rispondo che nònzo.
