Imbarcarsi

DEC, 20th - 2019: On the way to NYC, USA

Da qualche anno gli imbarchi sui voli di linea internazionali si fanno “a zone”: tanto per dare una parvenza di ordine organizzato. In realtà poi ci si ritrova tutti in piedi ammassati in fondo al tubo-placenta che congiunge l’aeromobile con il terminal.

Ormai lo so e mi alzo per ultima, con largo ritardo, tanto anche arrivando a chiusura gate avrei sempre da aspettare i soliti che si incastrano a vicenda fra i bagagli propri e altrui. Un tempo, quando viaggiavo Delta Platinum e mi facevano l’Upgrading ogni due per tre, allora sì erano altri ritmi, altri confort, ma questa parola è ormai una rarità nei miei viaggi.

21 Dicembre 2019, Penn Station, NYC

La foto non c’entra, è del Terminal 5 di London Heathrow, ma io mi trovo a bordo di un Greyhound diretto a Philadelphia da NYC, e sto ascoltando l’autista che si presenta, si chiama Ali, e ci porterà a destinazione safe and sound, però please, folks, non cominciate poi a chiedermi quanto manca, sennò vi faccio scendere e vi mollo in mezzo alla strada! Comunicazione diretta e efficace. Ci ricorda quindi che non si può fumare, bere alcool, o parlare al cell e ascoltare la musica senza le cuffie. Nessuno fiata.
Io ormai le cuffiette è da mò che hanno preso il posto delle sigarette, mie alleate contro le insidie umane, Mondo, come dici? scusa, non ti sento…
Settimane fa i miei polmoni hanno festeggiato dieci anni (!), ma la mia psiche si affossa sempre più nell’atmosfera rarefatta del n o n s e n s e. A titolo di esempio ecco a lato un brandello di felicità appiccicato allo sportello del freezer nella mia temporanea casa di Via delle Tazze attiche. I sincerily wish you all the best, ma il mio best è già tanto se si traduce con l’appena accettabile.
Chiedo scusa per questo modo selvaggio di esporre i fatti. Colpa del WhatsApp. E dire che non lo volevo, mi ricordo ero restia. Adesso è praticamente un’estensione del mio io. Lo uso per scrivere: dalla lista della spesa ai momenti più bui e insopportabili della mia zona cieca; ci annoto i voti degli studenti,  lesson plans, scrutini, IBAN, password, pin, codici clienti, sogni… Ogni tanto faccio screenshot di qualche decimentro della mia mono-chat privata e ne viene fuori una specie di Blob, insomma il programma di Rai3 che nn so se ci sia ancora, specchio fedele di schifo e sublime senza filtri né giudizi. La scrittura che piace a me.

Tipo ad esempio fra il 1º di maggio 2019 e l’agosto dello stesso anno si registrava il seguente messaggio del mio ex marito, (anche autore degli auguri all the best di cui sopra) che dopo mesi di silenzio, e senza che io sollecitassi alcunché, ben sapendo che versavo in condizioni pessime, scrive:

La chiamata è stata uno sbaglio: mi sono rotolato sul cellulare dopo essermi addormentato mentre guardavo i Patriots in tv.

Rule, di Aito Kitazaki, Street artist, Sunny Side, Queens NYC

Subito dopo appare :

Fare:

Certific. caric pend*
Carta d’identità

Buy:

Tinta
Lubrificante
Sunny’s food

Al 4 luglio (giorno del mio onorevole cinquantaquattresimo compleanno) invece si registra:

Che cos’è, mi chiedo, quest’ansia che sempre sciupa tutto, 😑 perché vorrei che fosse accolta e custodita come i venti di Eolo nell’otre di Ulisse (ero in Grecia), mentre nessuno riesce mai a metterci un tappo così lei se ne va indisturbata ad agitare tutto quanto le attraversa il cammino?

Naxos, isola di Naxos

C’è questo fenomeno dell’accanimento terapeutico in amore dove uno le prova tutte: viviamo a casa tua, a casa mia, a casa tua e mia, della tu’ mamma, del tu’ zio… Facciamo conoscere i nostri gatti? cambiamo città? dieta? facciamoci la colonscopia insieme!

La spina l’ho staccata ad agosto e per tre mesi ho fatto come gli AA, tutte le mattine, da me, accanto al menù del ristorante La felicità (quello attaccato al freezer)  spuntavo i giorni che passavano, e mi battevo le mani cercando di mantenermi strenuamente pulita. Cancellate tutte le chat e i vecchi link e app di dating, via tutti i contatti poco chiari, e diamo inizio alla Baratti – therapy per meglio affrontare l’ennesimo ingresso nella “zona cieca”. Non frignare, mi dicevo, no, non frignare, non puoi, l’hai già fatta troppe volte questa scena, ora basta, è esteticamente ignobile questo repetita che non juvant a un cazzo.

Mentre spulcio e trascrivo dalla mono-chat stiamo attraversando il confine New York / New Jersey, passando sopra l’Hudson ma non chiedetemi quale ponte, lo verifico al ritorno.

Un passaggio che mi entusiasma non poco, non fosse per come mi sento fisicamente, sto sperimentando una varietà di ceppi virali che di meglio non mi poteva capitare, la febbre da cavallo del viaggio si è radicata sottopelle, sottocranio, poi si è impiantata nelle ossa e ora ha attaccato i muscoli. Mi muovo a fatica. Mi manca Baratti. I suoi pini guardiani. Benevoli Numi tutelari, i soli che mi siano rimasti e con i quali da settembre seguo ligia e senza mai sgarrare la baratti-terapia. Baratti, golfo di Baratti, che per una cosa del genere uno baratterebbe non dico la propria madre, ma un narcisista testa di ‘azzo sì eccome. Pranzo e cena. Anche quando piove. Sto lì e leggo o mi calo i miei paccheri vongole pesto e patate. Ogni tot arriva qualcuno senza altro motivo che stare in adorazione davanti al mare, giusto un pescatore ogni tanto, un camper, gente così, che si viene a rilassare.
Puoi mica andare a rompergli con le tue sfighe? Coi tuoi “carichi pendenti”?

Baltimore! Baltimore! Grida Alì, e quelli che scendono qua si incastrano l’un l’altro cercando di affrettarsi a scendere.

 

Continua in “Leaving New York” (Never Easy)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Prev
OCM (Organismi cronologicamente modificati)
Next
Leaving New York (never easy)