L’atterraggio a Atene è stato un tantino shakerato, direi in perfetto stile sirtaki, ma le operazioni di sbarco all’Eleftherios Venizelos sono filate lisce, personale paziente, cortese, rilassato. Compensava con l’aeroporto di Pisa che aveva smorzato il mio entusiasmo accumulato nelle ore precedenti, dopo 18 mesi di permanenza on the ground la voglia di decollare e evadere dalla realtà insalubre italiana era incontenibile, ma subito all’ingresso scattava il déja vu:
La prima cosa che stordisce quando sbarchi negli US dall’aereo e passi l’Immigration Office è la scritta STAY IN LINE. A me è sempre risultata difficile come operazione, specie dopo dieci ore di volo incastrati fra un bracciolo e un oblò. Ci hai voglia di tutto tranne che di stare in line. Ti viene da romperle le righe, da correre e da saltare in qua e in là, per la gioia di varcare la Golden Door, oltre la quale magari ti aspettava un bel Gringo, in barba alla striscia gialla che te lo vieta. Gli American Citizens invece ci sono abituati e seguono da bravi l’officer che li guida a destra, stile Polifemo che conduce il gregge verso la salvezza prima di morire dissanguato all’interno del proprio antro. Noi alieni a sinistra. A farci fotografare la pupilla, e a consegnare il compito in classe a scelte multiple svolto sull’aereo. Ha mai compiuto genocidio nel periodo compreso fra il 1933 e il 1945? Ha mai stuprato, sventrato, e scotennato un cittadino americano? Ha mai commesso atti impuri? Disobbedito a vigili e genitori? Desiderato la morte di vicini e dirimpettai?
Tempo stimato per la compilazione di detto questionario: 7 minuti e 45 secondi.
(Chissà nell’era post Covid quale diavoleria lessicale si inventeranno).
(Da Lezioni di far West di S. Pendola, acquistabile online 😉
Ebbene, anche all’aeroporto di Pisa è arrivato Polifemo che guida il gregge.
Un tizio all’ingresso del terminal B si sbraccia e esorta anche i passeggeri del terminal A a varcare la soglia di un macchinario che ti scruta a fondo, dentro e fuori, vieni vieni avanti, quindi i cartelli ti esortano ad accodarti, Signora, non lo sa? C’è una pandemia in corso.
Mi sembra che certa gente ultimamente, specie chi lavora in luoghi pubblici (metti, a scuola), si riappropri di un suo senso perduto nel pronunciare certe parole (ed esibire certi gesti), riconquistando così una sorta di ruolo per mezzo del quale si sente garante (e garantita) di un ordine incontrovertibile e proveniente dall’alto, che in quanto tale la assimila automaticamente e un po’ la immunizza.
Se son qui che dalla mattina alla sera sparo con una pistola termo-rivelatrice in testa al mio prossimo, vorrai mica che poi la febbre mi viene a me? Va bene la legge di Murphy, ma un briciolo di immunità me la guadagno. O quei cinque minuti di gloria che spettano un po’ a tutti nella vita.
Signora non lo sa?
Che cosa?
Che è in corso una pandemia.
Motivo valido per ammassare e incanalare le persone attraverso un unico passaggio. Di quattro porte, usiamone una sola.
Siccome ero un briciolino in anticipo, cercavo l’uscita per andare al bar a ri-fare colazione, e con me un signore che voleva fumare, ma il bel caffè dell’aeroporto era chiuso da saracinesche e per accedervi bisognava tornare indietro alla … prima… seconda… terza… fino in fondo al terminal B, da dove si era entrati.
Guardi che c’è un altro bar all’interno.
Ma non ha i bomboloni.
Come fare per trovare l’uscita?
You can check out every time you want, but you can never leave, cantavano gli Eagles che queste diavolerie le avevano già previste negli anni Settanta.
E’ finita che il bombolone non era di Dazzi e sapeva molto di Dunkin donuts, caldo fuori e congelato dentro, come ormai buona parte degli esseri umani, che sorridono ma ti ignorano, si complimentano (ma non leggono un cazzo di quello che scrivi), ti chiedono come stai ma non aspettano la risposta, e se ti sei preso il Covid ti domandano subito, Ma il vaccino l’hai fatto?
Ecco, questi sono a mio avviso gli effetti nefasti dell’accodamento, bel lessema nostrano che fa piazza pulita di ogni avversario di matrice straniera, ci salva dalle infezioni e ridona dignità alla nostra lingua, che pure sa come far rispettare le regole.
Stay in line! Stay in line! Rispettare l’accodamento !
Certo a Odisseo non interessavano né i cinque né i mille minuti di gloria, e preferiva essere Nessuno pur di salvarsi la vita e salpare verso il suo destino di uomo libero. Eppure, mi ha sempre destato una nota triste il gigante con un occhio solo a cui Ulisse gioca il suo tiro mancino. Quando il ciclope orbato e avvilito porta in salvo le sue pecore e il suo fedele caprone, a me è sempre dispiaciuto. Per lui. Non per le pecore.
Omero non ce lo dice, ma è facile pensare che siano poi morte di stenti, vittime dell’accodamento obbediente e di una ossequiosa esistenza ovina, priva di raziocinio.
Anche all’Aeroporto internazionale di Atene ci sarà stata qualche parola che farebbe sorridere Ulisse, ma io con la lettura del greco sono ancora molto indietro e non me ne accorgo, dunque mi accodo da brava, mostro i documenti della mia sana e robusta costituzione, esulto perché l’ho scampata al paventato doppio tamponamento ‘a random’ di controllo, e do l’avvio alla mia ennesima avventura ellenica.
Immagine di copertina: https://www.ruminantia.it/wp-content/uploads/2018/06/polifemo-f.jpg
“We are all just prisoners here, of our own device.”
Ma poi uno spicca il volo comunque…
“E questa sì, che è libertà.”
Yes indeed!
Fatti non fummo…
S.