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Ora che ci penso, alla base dei miei viaggi c’è sempre stato un fatto linguistico scatenante, e questo blog ne è pieno!
Una lingua è come un viaggio: il risultato non sta in una meta, ma lungo il cammino intrapreso, grazie al quale ci si arricchisce con le esperienze che per mezzo della lingua (e del viaggiare) siamo portati a fare.
va anche detto che si può partire senza viaggiare, non solo di testa ma con la mente che esplora mondi non necessariamente geografici. Però viaggiare una cosa che insegna almeno a me che spesso salgo in cattedra – sigh, anche se a scuola non faccio didattica frontale – è a stare un po’ zitti, a parlare di meno e a ascoltare di più. E a essere umili senza far sempre quella che ha già capito tutto… ecco in questo senso mi è sempre utile. Ecco, sì. S,
Sì, sono d’accordo, perché proprio come in viaggio, imparando una lingua scopri cose nuove, parole o frasi che ti riportano alle radici e alle tradizioni del paese in cui stai imparando la lingua.
Vero, Gema, sono d’accordo, se hai qualche ricordo particolare, scrivimelo! Anche in privato! (E ancora complimenti per il tuo risultato scolastico!) S.
Una lingua si abita, per quanto troppo spesso lo si faccia in modo inconsapevole o sentendosi sempre un po’ stranieri. Io mi sento un curioso ibrido, abitante stanziale ma di un luogo aperto agli echi e agli strati. 😊
Bellissimo spunto, Vincenzina, lo userò coi miei corsisti stranieri, che credo lo troveranno di utile ispirazione. Penso anche a certe metafore riferite allo spazio come ‘scivolare’ sulle parole, o ‘lanciare’ invettive, e anche a chi usa solo parole ‘pulite’, come un tempo usava tirare sale e tinelli a lucido e ci dovevi entrare in punta di piedi o con le pattine o non entrare affatto. Invece a me piace abitarla in tutti i suoi anfratti una lingua. S.
Hai ragione, viaggiare, imparare una lingua, immergersi in una cultura ti arricchisce e comunque ti cambia. Abbi però pietà degli stanziali…
va anche detto che si può partire senza viaggiare, non solo di testa ma con la mente che esplora mondi non necessariamente geografici. Però viaggiare una cosa che insegna almeno a me che spesso salgo in cattedra – sigh, anche se a scuola non faccio didattica frontale – è a stare un po’ zitti, a parlare di meno e a ascoltare di più. E a essere umili senza far sempre quella che ha già capito tutto… ecco in questo senso mi è sempre utile.
Ecco, sì.
S,
Sì, sono d’accordo, perché proprio come in viaggio, imparando una lingua scopri cose nuove, parole o frasi che ti riportano alle radici e alle tradizioni del paese in cui stai imparando la lingua.
Vero, Gema, sono d’accordo, se hai qualche ricordo particolare, scrivimelo!
Anche in privato!
(E ancora complimenti per il tuo risultato scolastico!)
S.
Una lingua si abita, per quanto troppo spesso lo si faccia in modo inconsapevole o sentendosi sempre un po’ stranieri. Io mi sento un curioso ibrido, abitante stanziale ma di un luogo aperto agli echi e agli strati.
😊
Bellissimo spunto, Vincenzina, lo userò coi miei corsisti stranieri, che credo lo troveranno di utile ispirazione.
Penso anche a certe metafore riferite allo spazio come ‘scivolare’ sulle parole, o ‘lanciare’ invettive, e anche a chi usa solo parole ‘pulite’, come un tempo usava tirare sale e tinelli a lucido e ci dovevi entrare in punta di piedi o con le pattine o non entrare affatto. Invece a me piace abitarla in tutti i suoi anfratti una lingua.
S.