La conoscenza è come il grano: chi ce l’ha deve spargerla ovunque!
L’ho sentito dire in una delle ultime interviste ad Andrea Camilleri, narratore sopraffino nonché esperto di problem solving, visti i numerosissimi casi risolti dal suo famoso commissario.
Il problem solving: etichetta spesso in bocca agli esperti di comunicazione. Panacea per ogni male: elemento essenziale nel CV: se vuoi farti assumere da una azienda leader di qualunque settore; se vuoi una soddisfacente vita di relazione; se vuoi educare tuo figlio al meglio per la vita devi possedere questo requisito: essere in grado di far fronte ai problemi proponendo la giusta soluzione nel più breve tempo possibile e in qualunque circostanza emergenziale. Skill, si chiamano skill, il MIUR ne parla in continuazione, ai collegi docenti si sprecano! Competenze, soft skills, come i soft drink, da bere a colazione, in barba a chi non ha ancora capito che la comunicazione oggi passa per l’inglese, lingua comunitaria senza la quale difficilmente si tiene il passo con il tachimetro del mondo.
Sento già le critiche. Il mondo deve rallentare! Il Covid – 19 viene a dirci questo! Il mondo è in mano ai colossi delle tecnologie, al signor Gates, al mostro Google. E noi gli porgiamo il fianco!
Allora che si fa? Ehi, tu, scuola che devi preparare mio figlio a vivere in questo mondo, che fai?
Continui ad andare a cavallo quando il resto del mondo va in auto? Ma certo! Soluzione ottimale. Cediamogli il passo! E sbandieriamolo su facebook, Mark Zuckerberg ne sarà contento!
Poi facciamo giocare col pongo i nostri figli, come proponeva Crepet giorni fa in un video, lui ovviamente comunicava su youtube, ma gli alunni dell’età evolutiva di cui si occupa devono usare il pongo e i cavallini di legno!
La comunicazione dovrebbe essere al centro di ogni didattica, distante, ravvicinata di primo secondo o ottavo tipo, ma una caratteristica della scuola italiana e di buona parte dei suoi attori (pedagoghi inclusi) è il problem creating o dovrei forse dire, il problem aggravating. Già, perché se c’è una cosa di cui siamo bravi nel nostro paese è piangerci addosso, o andare a Lourdes – o da Barbara D’Urso – a fare di un problema un dramma: acquisire follower, e beccarci centinaia di like.
Nel nostro “splendido ed efficiente, nonché pubblico ed eroico sistema sanitario nazionale” provate a cercare un medico”. Cu-cu…? Buona fortuna. Tutti a lamentare barriere, chiusure, problemi, divieti, decreti… tutti!
Ma ieri uno specialista fra i migliori della zona, ecografista noto per la bravura ad azzeccare diagnosi, mi ha ricevuto (super bardato dalla testa ai piedi) tranquillizzandomi sul mio stato di salute. Che di questi tempi non è cosa da poco. Prendere un appuntamento è stato semplicissimo. Da poco in pensione, svolge la sua professione privata seriamente, fornendo un servizio (dai costi ragionevolissimi) come altri colleghi. Allora ridefiniamo gli eroi, per favore. E ricordiamoci che ci sono professionisti che lavorano – malgrado gli ostacoli e le distanze, e non si lamentano.
E riformulo la domanda di poco fa: nel nostro “splendido ed efficiente sistema scolastico pubblico” cosa insegnano i docenti che si lamnetano? Come ? Quali skill hanno acquisito in questi due mesi? Quali contano di acquisire per stare al passo con l’emergenza? Le loro ricette per la crescita evolutiva dei loro ragazzi dove sono? Dove sono le loro lezioni a distanza? Di cosa sono fatte?
Diffcile dirlo.
Perché?!
Perché non si può trovare il tempo che ci vuole per costruire una lezione che sia appetibile, creativa, intuitiva, condivisibile e democraticamente fruibile a tutti quando lo si passa a litigare e a lamentarsi nelle chat, o a scrivere articoli, post, circolari – o a registrare video – per sbandierare il tutto ai quattro venti, come se così facendo si fornisse chissà quale contributo alla risoluzione del problema della didattica del momento. Problema che ovviamente resta, e si aggrava, perché di fatto chi fa delle proprie lamentele oggetto di diffusione mediatica, non può – anche volendo – trovare tempo per valutarlo, il problema; figuriamoci risolverlo. Per chattare, scrivere, inveire, commentare vignette idiote e poi postare la qualunque, ci vuole tempo. Per scrivere questo articolo ci è voluta mezza mattina. Per non parlare di eventuali interazioni con chi volesse commentarmi.
O darmi dell’arrogante e presuntuosa.
Cosa che autodichiaro da me. Così facciamo prima ed evitiamo inutili perdite di tempo.
Io mi dichiaro insegnante militante e in prima linea, orgogliosa di fare didattica a distanza, visto che altro modo oggi non c’è. Insegnante con le mani “in pasta”, lavoro di notte per costruire nel poco tempo che mi rimane (dagli impegni a cui mi costringe un sistema scolastico soffocante che i problemi li a d o r a invece di provare a risolverli!) a costruire a esclusivo beneficio di TUTTI i miei studenti: ricchi poveri grandi piccini esclusi inclusi disabili scontenti incazzati italiani stranieri neri bianchi beige gialli o rossi, lezioni fruibili e facilmente accessibili – ripeto : a tutti !
Perché credo profondamente a quanto ho sentito dire ad Andrea Camilleri : ora più che mai chi ha la conoscenza la deve condividere, spargere come il grano.
E chi non l’ha se la procuri in qualche modo, o la smetta di usare i problemi dell’esistenza come scudo contro la propria ignoranza e incapacità.
Grandi contenuti…una sfida immensa. Spero nella vittoria di chi getta i semi…anche quando il vento è contrario.
Thanks, dear!
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Complimenti Sonia…
La definizione dell’istituzione. scuola che a d o r a i problemi invece di risolverli mi piace parecchio.
Sei passione vera, sei un’Insegnante con la I maiuscola perché svolgi la tua missione con lo sguardo verso l’altro che ha bisogno della tua mediazione per crescere…e tu ci sei in quello sguardo e la direzione indicata è quella giusta.
Grazie.
(Leggo ora il commento)
E’ molto utile avere supporto, mantiene accesa la fiamma.
S.