Anch’io anni fa ho avuto la mia dose di scemenza notturna e ho tralasciato di dire che di me Roma ha visto una versione poco congeniale e molto adolescenziale, quindi meglio se quella pietra alla collega non gliela tiro. Ovvio questo lo dico adesso, con il poco saggio senno di poi, di cui ammetto devo ringraziare anche lei (che dopo Grosseto ho mollato alla sua routine di selfie, reel, storie e status).
Lo vedi che nessuno di noi è un'(i)sola ma un pezzo di continente?
Anch’io come lei a un certo punto della mia raminga vita sentimentale ho propenduto (lo so che è cacofonico, ma si dice così, e fa pari e patta con quanto segue), ho propenduto per minoranze etniche e anagrafiche, e date le mie inclinazioni medio orientali, un anno andai a infognarmi in una blind date con un curdo di 35 anni (io 49) che faceva il traduttore barra chauffeur (e chissà quante altre barre) all’ambasciata irachena nell’Urbe. Me, però, al treno, mi venne a prendere a piedi, costringendomi in inverno, al buio sotto la pioggia a cambiare tram e bus, quindi una marcia di un paio di chilometri sui tacchi per raggiungere un hotellone a 4 stelle (piuttosto promiscue) dove aveva prenotato una suite all’ultimo piano tappezzata di specchi con un bagno più grande del mio soggiorno pieno di gadgets.
Help!

La mia richiesta di aiuto per fortuna (non solo qui e ora per ridere) la rivolsi fra i denti al tassista che dall’hotellone ci doveva portare a cena (tenetevi che ora dico dove).
Dove te piasce mangiare?
Così. Come ve lo scrivo. A me: insegnante di italiano per stranieri e language coach dei vip di Carrara. Rendo?
Speravo avesse organizzato non dico un tete a tete con la candela, ma almeno una prenotazione, giusto a dimostrazione dell’interesse.
Ma vedi un po’ dove te sta’ a porta’…
An vedi…

Ma la vita continua . . .

Poco fa, mentre sorseggiavo la mia dose di isolitudine davanti alla piccola perla di Comino (in realtà la foto l’ho scattata l’anno scorso a Piombino, ma il contenuto è lo stesso) mi veniva in mente la versione più spaventosa che conservo di Roma, alla vigilia di un viaggio importante, quando ho toccato il fondo e la consapevolezza di aver perduto tutto. Di non avere più una casa. Anzi no, la consapevolezza sarebbe arrivata un po’ dopo. Prima, a sconquassarmi è arrivata la paura, quella che si tinge di follia, un’ansia continua e scellerata che sempre sciupa tutto, e che per lungo tempo ho sperato venisse accolta e custodita da qualcuno, come i venti di Eolo nell’otre di Ulisse.
E invece nessuno è mai riuscito a metterci il tappo, così per molto tempo lei se n’è andata indisturbata ad agitare tutto quanto le mettevo sul cammino: viaggi, progetti, isole…

Il dio Pan
30 Agosto, 2013
Aeroporto Roma – Fiumicino, PARTENZE. L’una di notte e mi levo le scarpe sicché il barbone con cui mi contendevo l’ultimo pezzo di panchina (di metallo) finalmente si schioda e se ne va. Eureka! Troppo male non si sta, il dio Pan da Civitavecchia non è più pervenuto (bloccato nell’unico cesso funzionante dell’Intercity), ed è qui che la fantasia si rivela utile: utile per fare finta di essere in una suite del Best Western con il proprio moroso nel centro di Roma piuttosto che fra passeggeri caciaroni in attesa e nevrotici senzatetto, su due sedie metalliche alle partenze dell’aeroporto Roma-Fiumicino, ora anche la terza è mia e mi posso allungare. Opa! Il sottomotivo di questo viaggio è che vado a fare un corso di greco. Greco moderno. Sull’isola di Xioç. Il signor Van der Dyer, di cui mi fido molto, sostiene con convinzione che . . .
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