La Sonia va in colonia

Ore 6:24 del mattino, Torino, quartiere San Paolo.

Esco dal building per sgranchirmi le gambe (e anche le mani, dato che ormai scrivo solo col whatsapp), e come spesso mi sintonizzo e dirigo i pensieri dove so che troveranno occhi e orecchi giusti: verso la P., con cui ieri ce ne siamo contate un po’ mentre io attraversavo la pianura padana e lei era di turno dalla sua anziana madre. La prima cosa che mi si imprime sulla retina a quest’ora del mattino è la totale mancanza di vita, interrotta dalla ruvida petulanza di una cornacchia, quindi attimi dopo nel mio campo visivo fanno ingresso i solitari padroni dei cani, in una mano il quadrupede al guinzaglio, nell’altra il cellulare. È tutto molto lindo preciso e pulito e studiato nei dettagli, non c’è una cartaccia in giro, qualche cicca sì, incastrata fra le mattonelle finto-limestone sfumate di grigio perla e oro.
Scrivo mentre cammino.

Una volta anni fa la P. si eri incazzata perché in viaggio davo la precedenza al blog e non interagivo direttamente con lei, così stavolta , siccome scrivo e descrivo sempre avendo in mente quelle due o tre persone che mi conoscono e si incuriosiscono a leggere i miei “talenti”, e fra quelle c’è lei, ho deciso di fare il contrario, scrivere a lei e poi pubblicare sul blog.

(Risposta della P.: lo sai che non ho tempo, quindi ti rispondo quando posso).

*talenti in carrarino non vuol dire capacità artistiche, bensì chiacchiere inutili. Ovvio che inutili non sono mai perché ci permettono il più delle volte di farla in barba alla vita quando ha la mano pesante. Scatto foto e condivido con Orwell (Hey, bro, riconosci?), poi rientro per battere la mia giovanissima roommate sul tempo e riuscire ad accaparrarmi il bagno mentre lei si distrae col caffè. Oggi conoscerò il resto del team. So già che potrei essere la mamma dei giovani che alloggiano qui, a ricordarmelo l’inusuale mal di schiena dopo la lotta con le poltrone dell’Intercity di ieri, e questi che incrocio mentre escono dal building per andare a lezione o chissà dove, le cuffie wireless già inserite e la borraccia in titanio dell’acqua che sbuca dallo zainetto tecno ergonomico.
Ieri sera ho conosciuto A., la mia roommate, il coordinatore G., D. e L. Sei la prof? mi ha chiesto uno di loro. Però nessuno mi ha dato ancora del lei, nemmeno per sbaglio.
Buon segno. Il resto del gruppo lo conoscerò più tardi, perché sono di Torino e dintorni, e non hanno dormito al campus. Il campus è un edificio gigante tutto colorato e in prevalenza a vetri con grosse veneziane ai finestroni. Si affaccia sul davanti su un altro building gigantesco di nome Bennet , sul retro su un grosso cortile con chaises longe d’autore di legno e biliardi sotto la pancia dell’edificio. La nostra stanza è carina, per due, ma ognuna ha abbastanza privacy e spazio per studiare, molta luce, A/C, e soprattutto è silenziatissima: non sento un latrato da 24 ore.
D’altronde non siamo qui per studiare. La mia roommate si è laureata già da un pezzo, ha anche un master, ha 27 anni. Gli altri più o meno idem. D. ha un esame domani, sul linguaggio del cinema, sta finendo ingegneria. L’atmosfera dopo poco si era già fatta intima e spontanea, simpaticamente abbiamo fatto amicizia e cominciato a condividere esperienze. Meno 5 giorni al take off. Alla scoperta di Malta. Questo sì è un trattamento anti-age, altro che bottox e filler.
(Ma guarda che staresti bene…)
Alla scoperta di una nuova me.
(E levati quel grigio che ti invecchia…)
I. me ne ha dati meno di 50, (Dai, ma sul serio?!)
Oh yeah.

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Comments 4
  1. Grazie a te riesco a viaggiare anch’io pur stando accanto alla mia anziana madre. Continua a raccontare, io preparo la valigia! Besitos

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