Learn with me… or learn with you?

La prima cosa che ho provato appena varcata la soglia del Vương Quốc Xitrum è stata, finalmente a casa! Stesso caos vivacissimo e allegro di Via Rossi, stessi colori, odori, gesti, moltiplicati per dieci! I kids saranno un’ottantina circa: buffi, curiosi, spaventati, divertiti, timidi, coloratissimi e … a tutto volume! Si risente di un certo, come dire?… giusto uno spruzzo di soviet-style, di quello che posso aver incamerato io negli anni attraverso tv, libri e giornali, per cui i kids all’occorrenza rigano dritto, pur essendo svegli da morire, ma molto più disciplinati che a casa nostra! Cosa che mi hanno negli anni fatto notare anche insegnanti irlandesi e britanniche. In molti paesi, specie nel sud-est asiatico, l’apprendimento non è considerato una fatica o corvè ma un privilegio.
Non avendo io gli occhi a mandorla, sono per default in evidenza, dunque una fetta di attenzione mi spetta, come dire, di diritto. I genitori sono della classe sociale e fascia d’età di Tung e Trang, ben vestiti, curati, pantalone chino a vita bassa, camicia bianca e scarpe a punta: giovani yuppies e mamme a la page, (salvo eccezioni, qualcuna c’è che si presenta in ciabatte e pigiama) – i rappresentanti di un Vietnam dove il Partito viene tollerato quanto basta per non avere rogne, ma non troppo preso sul serio. Un Vietnam forse meno “autentico” di quello ammassato giù in strada, ma di certo con le carte in regola per conquistarsi il proprio posto nel mondo.
Ed è una sensazione molto piacevole, essere ri-conosciuti, come quando per la strada o in ascensore o al supermercato, mi salutano, chiedono, e poi invitano a dare un saggio delle mie teaching skills. Diverso che in patria, dove prevalentemente conti solo se hai un cane o una tragedia da raccontare. Oppure risento anch’io del classico effetto “novità” che tutti inseguiamo e riveriamo quando ci si presenta l’occasione. Per cui finché dura, me la godo.
Io pure devo rigare diritto e concentrare forze e skills in mezz’ora per classe: trenta minuti da far fruttare e durante i quali l’attenzione non deve cedere mai. Cosa che con 15/ 20 kids per volta non è semplice.
Ma sta funzionando tutto: l’acting out, le clip su youtube, il metodo “toccare con mano”, i colori agiti, annusati e mangiati, tutti e cinque i sensi coinvolti nell’apprendimento. E senza mai – ovviamente – usare né italiano né vietnamita.
Ho quattro gruppi: i cuccioli Hello Kitty, dai 18 ai 24 mesi; i Winny Pooh, dai 2 ai 3 anni, i Vinh e quelli di Miss Tam, il problema non è tanto ricordarsi il nome quanto pronunciarlo.
Talvolta in realtà è un vantaggio: costringe l’insegnante a concentrarsi sulle skills relative all’individuazione. A parte che appena arrivata mi si è lanciato incontro Dau che da quel momento ha deciso di farmi da interprete, la sua foto purtroppo è finita alle ortiche. E nel gruppo dei cinquenni e seienni, quelli con i papà immigrati in Australia, ad esempio, o quelli che per qualche motivo han studiato inglese privatamente, vogliono farmi da teacher assistant, e con aria da la-so-lunga-io intervengono con i più muti. Cosa che a casa fanno anche i miei.

… Che tanto per essere chiari, non sono da meno.
Solo che noi anziché riso, focaccia per merenda. Anche se non disdegniamo pancake, cheese sandwiches, cranberries, spaghetti & meatballs a colazione … perché requisito no 1 per imparare una lingua straniera è accettarlo, lo straniero, come sembrano saper far bene da queste parti.

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