Premessa:
Per colpa dell’algoritmo, di evidente matrice ninfomane, ricevo a causa del termine “organo” decine e decine di spam a sfondo sessuale, fra cui : proposte di allungamenti di membri, offerte di ammucchiate, newsletter digital-porno, and so forth… Ho provato a spiegare, ad aggiungere immagini eloquenti, a modificare paragrafi , ma non c’è stato nulla da fare: l’algoritmo insiste!
Caro Lucio
Quando sei morto avevi più o meno la mia età adesso, e io quel giorno – lo ricordo ancora e forse anche la hostess che basita mi dovette consolare mentre le chiedevo conferma della notizia – io, un po’, sì, un po’ qualcosa dentro di me aveva già cominciato a morire ma io ancora non lo sapevo: cominciava a spegnersi la fiducia nella capacità di mostrare la me, che invece che dritta e vera vien sempre fuori un po’ storta, appunto in corsivo. Prigioniera della fossa del leone, da cui uscire sembra davvero impossibile, Lucio caro.
Mogol in un’ intervista ha detto che prima venivano sempre le tue melodie e poi dopo, solo dopo i suoi testi, che cercavano di adattarsi al linguaggio preciso e diretto con cui le note del tuo Caro angelo riescono a parlare allo spirito libero e alato che si nasconde dentro di noi.
Dentro di me.
E’ stato l’organo. L’ho capito dall’organo quando entra l’altro giorno mentre andavo su per il poggio verso Baratti. Getta un ponte, l’organo. E fa dispiegare all’angelo tutta la sua potenza. Fra la strofa delle prostitute e quella di paura e alienazione, Re minore 7… Sol minore … Do +… Solm7… e subito dopo l’attacco del basso che scuote come un sisma improvviso, dopo un secondo di silenzio, poi le note nette del piano, infine : si decolla! Oh, Lucio caro, quanti me ne sono crollati sotto i piedi di ponti, mentre ci passavo sopra convinta e fiduciosa, fra tutti il più rovinoso quello delle Magnolie sul Bayou St John, dove ho giocato a sposarmi (un po’ però ci credevo).
E quanti slogan fasulli, Lucio caro, non puoi capire. Solo oggi li vedo tutti : cesti d’amore tanto più gaio quanto più era finto; frasi truccate, alienate; specchi per le allodole infiniti! Oggi sì, comprendo bene il Nostro caro angelo, il suo inno all’essenzialità, il suo cibarsi di radici, il suo volo instancabile verso il blu.
Credo che oggi che quella fiducia vacilla più che mai, a questo punto della mia vita, io posso dire che è finalmente entrato l’organo. Le reti il volo aperto mi precludono, caro Lucio, ma grazie anche ai capolavori come la tua musica, non rinuncio mai !