Il mio viaggio ha passato il giro di boa, la mattina mi alzo col batticuore per via di una nuova destinazione che non so risolvermi a prendere, ma anche perché non sono ancora riuscita a trovare la pietra giusta. In Nevada ce n’erano una marea, si fa per dire, ne era pieno il deserto. Colorate, striate, smaltate dal tempo. Ma le ho tutte o regalate o ci ho decorato i vasi. Ho pensato, vado a cercare fino a Marlborough, una cittadina qua vicino, che credevo fosse in quella canzone di Simon & Garfunkel, quella della fiera, Are you going to Marlborough fair, ogni volta che la sento mi prende una nostalgia (non solo delle sigarette che comunque non c’entrano con questa Marlborough) da strapparmi il cuore … Che continua a battere per i fatti suoi. Affamato.
Sarà che il tempo non aiuta, cupo, freddo, dull. Melenso. Magari a Carrara 30 e più gradi, cielo blu e mare calmo. Questi sono i momenti in cui ti chiedi dove vai girando che tanto le cose da scoprire stanno dentro mica fuori. Me lo chiedo sempre quando vado a camminare la mattina lungo il Charles River Walk. Chissà se anche Ulisse se l’era chiesto ad un certo punto. Quello di Tennyson, intendo. Ché ai suoi tempi l’Internet non c’era, né la tv, né i giornali e il solo modo di capire come il mondo girava era di girarlo. Michael lo ha declamato con una splendida pronuncia bostoniana, poi io ho a mia volta recitato i versi dell’Ulisse dell’Alighieri il più toscanamente possibile. E’ stato tutto molto carino e coinvolgente, una cosa semplice ma ben riuscito, anche il di fuori marito è venuto, e io avrei voluto che notasse di più l’aspetto fashion che quello fonetico-letterario, invece il mio vestito lungo zero; del tutto indifferente.
Da lì ha cominciato a martellarmi in testa la canzone di Simon e Garfunkel, che poi vado a vedere e la fiera non è a Marlborough bensì a Scarborough, da dove proviene una ballata celtica che canta delle dure prove d’amore richieste all’amato o amata. All you need is love, ecco cosa mi tormenta nella mia sconclusionata scrittura di oggi, cosa mi ripeto mentre cammino, acqua o vento, lungo il bike trail e su questo non ci sono dubbi. Così ho preso un film d’amore dalla library su Main Street: Her, (sottotitolo: l’amore ai tempi moderni). Passati i rischi di colera, e dell’AIDS, che ormai se ne sente parlare sempre meno, resta un altro rischio: l’anestesia totale. Her, che è di quei film che gli insegnanti dovrebbero, quando film così escono sul mercato, interrompere qualunque programma scolastico o attività per farli vedere ai ragazzi e discuterne at length, ampiamente, magari invitando anche il regista o un suo assistente o segretaria, e fargli una intervista lunga una settimana; Her, Lei in italiano, mi ha dato il colpo di grazia. E invece di anestetizzarmi mi ha svegliata del tutto. Per questo anche si fanno viaggi. Per giungere una volta per tutte a fine corsa.
Ora non sto qui a raccontarlo né a commentare perché il post comincia a farsi lunghetto e ho visto che la durata media dell’attenzione su una pagina web non va oltre i 2 minuti e 48 secondi, quindi stringo. E consiglio caldamente di vederselo, ma mi raccomando gli Extra, un’intervista sull’amore e le relazioni oggi fatta dal geniale regista (che il film se l’è prima scritto, poi diretto e un po’ anche prodotto) a dei suoi amici e collaboratori, poi tornate che se ne discute ♥ ♥ ♥