Il mio genialissimo psico, che a ogni seduta mi lascia con qualcosa di nuovo e brillante su cui meditare, dice che le donne americane sono uomini con attributi femminili, che gli manca l’interiorità, la quale è europea. Così io al security check point del Logan di Boston ho dato un bello sfoggio di europea interiorità, che non lo so ma credo mi guardavano tutti mentre frignavo intanto che la fila avanzava piano e il di fuori-marito mi guardava dall’alto e sventolava la mano. La sua ultima sorpresa regalo me l’ha infilata di nascosto nello zainetto – uno speciale paio di scarpe per iniziare un cammino nuovo, che ancora però non so se ci so camminare.
Mind your step.
Poi, fortuna che ho chiesto la body search anziché il body scanner, la cabina tonda dove entri e ti fanno i raggi come si usava dire una volta, mentre oggi ti scannerizzano, ma gli officer americani, se la chiedi, la perquisizione, non fanno storie. Non come a Roma che al ritorno dall’Iran ragazzi, niente da fare, ce vo’ er certificato medico, signo’, cellà? E fatti due radiazioni e non scassare la minchia. Un po’, dico la verità, mi piace star lì a metter in moto tutto il Security Ambaradan, e osservare lo zelo che ci mettono, three, two, one… il passaparola comincia: Jeff urla a Josh, Josh passa la palla a Beverly, quest’ultima chiama la collega in charge, Hey (così, parole testuali), body search in arrivo, female, adult, (European), poi mi ha letto una specie di Miranda rights, Lei è cosapevole che potremmo entrare in contatto con certe sue parti intime… e via discorrendo, di modo che fra una tastatina e un’assurdità linguistica, il magone mi è passato, thank you have a safe flight, e ci hanno lasciate andare.
Me e la mia interiorità.
Mind your step.
E rieccomi in terra di nessuno, a recuperare la salvezza, a fare buoni propositi, piani novelli in cantiere, investimenti energetici in un futuro che sia il più prossimo e realizzabile possibile. Non will ma be going. Niente chiacchiere ma fatti concreti. Il primo fra tutti è che il volo Boston – New York era in ritardo di quaranta minuti folks, we are going to start our boarding procedures soon, thank you for your cooperation. Quindi ci han fatti salire, poi ci han fatto scendere. Dentro i bagagli, fuori i bagagli, altro futuro concreto, altro rimbarco, altro ritardo, e voilà, perso l’aereo. E mi hanno dirottato su Amsterdam, mind your step, dove mi trovo in questo momento mentre ammazzo il tempo scrivendo, e non bevendo il caffè come faceva la Mannoia perché qui fa schifo da non credere. Prima volta che metto piede a Amsterdam, e per quanto ho avuto modo di appurare finora, listen carefully: gli olandesi oltre che tutti alti e tutti biondi, sono anche parecchio stronzi.
Mind your language, volevo dire step.
O forse perché al rientro da un viaggio vorresti che fossero tutti lì a darti il benvenuto, gli amici, i parenti, i follower, il personale di bordo e di terra, gli addetti aeroportuali… Ma non ti volevi reinventare? Sì, va bene ma home is home, e come duce Dorothy there’s no place like home. La madre non mi sentiva e non capiva (perché i tulipani?…), la figlia irraggiungibile, la posta elettronica very very empty. L’impiegata dei transfer non sapeva come si inserisce il passaporto nella macchina-stampa-carte-d’imbarco, quella del Tulips On Air non sapeva se i bulbi di tulipano avevano una scadenza. Play with me! fortuna che qui accanto a me in vetrina c’è Peppa Pig, primo esempio di interiorità europea…
[To be continued…]
Ben tornata, purtroppo i viaggi possono risultare alquanto stressanti…
Ben tornata, ma mica smetterai di scrivere il diario di viaggio? Il viaggio continua anche senza il viaggiatore…
B.
SONIA SEI SEMPRE BRAVA A SCRIVERE.
UN ABBRACCIO,
RICCARDO