Due abitudini che non ho mai smesso, scrivere e nuotare. Credo a pensarci bene di averle iniziate più o meno parallelamente, verso i 18/20 anni. Oltrepassata una certa età, quando vedi andare in fumo affetti e legami che credevi – o avresti voluto – d’amianto, è rassicurante vedersi percorrere vecchie strade che conducono … a casa. In acqua mi sento a casa, su una tastiera idem. Anche il Pinot nero mi fa lo stesso effetto, e la mia Camel della sera, vecchia amica ritrovata da qualche mese. Non si può certo definirle abitudini sane. E’ dunque necessario tenersi a una certa distanza, specie con la seconda. Più furbetta e truffaldina.
La mia esperienza in acqua è iniziata con una falsa partenza, e per qualche anno si è interrotta per colpa di una buca subdola e della mia incapacità di confessare in seguito la mia paura di andare a fondo. Quindi a diciott’anni circa, ho deciso di affidarmi a un maestro e ho ricominciato daccapo. A venti ero un pesce. Guardinga in principio, poi sempre più sicura. Oggi il mare, i suoi abitanti dei piani alti sono una presenza costante, specie in acque come a Malta.
Per riprendere il filo aggiungo un paio di foto maltesi. (Per visualizzare meglio, girate il telefono in orizzontale).
Non fosse stato per queste due ancore non so dove sarei adesso. Molto più efficaci di tutte le psicoterapie tentate per riequilibrare il mio assetto dopo l’armistizio USA-ITA. Che non so se ancora ho del tutto raggiunto. La versione post-bellica e post-traumatica di me è una delle varie che Roma ha visto, nel lontano 2011 quando ci andai da una dottoressa della squadra di Giorgio Nardone, a tentare una Terapia strategica breve e comportamentale. Così breve che si è protratta per una decina di anni.
Ma basta rimuginare e andiamo a prepararci a incontrare i miei nuovi giovanissimi che dovrò accompagnare.
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