IL tempio della Concordia lo vedi salendo in città, che già una città che per giungerci devi salire , ti eleva, ispira rispetto.
E non stiamo parlando di attraversare un viale trafficato percorso da gente che si annoda incazzata attorno a delle rotatorie, come stesse compiendo chissà quali riti sacrificali o fatiche d ‘Ercole, bensì di 4, 5 chilometri di avvitamenti e snodamenti su per colline già verdeggianti, dove no, la caracitula non è ancora sbocciata, quanto ai mandorli, confesso che non ci ho prestato attenzione.
Concordia, concordia… devo ricorrere a wordreference per metterne a fuoco il significato. Evidentemente latitante dal mio vocabolario, troppo intermittente nella mia vita:armonia, consonanza, pace uniformità.
Il mio ospite mi racconta che il tempio della Concordia è anche quello che si è conservato in una stato migliore, grazie a Gregorio Magno che nel VI secolo ci aveva preso a celebrare riti cristiani. Non più sacrifici al di fuori del tempio, ma simbologie salvifiche e canti e poesie e inni sacri all interno di un luogo che dopo piu di un millennio continua ad allietare la vista e il cuore, a ricordarci la nostra più raffinata natura di esseri umani. Gli altri sono caduti in rovina. Quello di Zeus, frutto di battaglie vinte dei greci sui cartaginesi, manco finito, ora un cumulo di macerie. Circondato dalla speculazione edilizia e urbana selvagge.
La Concordia, nome posticcio di matrice moderna e cristiana, continua a stare lì, a ergersi, a ricordarci che solo la spiritualità dell arte, la perseveranza nella ricerca della verità, il lavoro quotidiano e il sacrificio ci elevano al di sopra degli impulsi bestiali, della rabbia, del rancore e della vendetta, della violenza, dell’accidia che intorpidisce l’anima e addormenta la mente.