“Nel buddhismo ci sono molte scuole e molti metodi di pratica. Nessuna di queste è da considerarsi come unica ad essere corretta.” In questo articolo, Ashin Mahapañña, maestro zen della comunità Bodhidharma di Monti San Lorenzo, spiega a grandi linee la “meditazione naturale” , consigliando a chi sente adatto questo tipo di approccio, di leggere ogni tanto e mettere in pratica la “Contemplazione” , facendo meditazione seduta regolarmente (minimo: 20 minuti al giorno).
La contemplazione profonda (dhyana/seon/zen) è osservare il totale processo vitale con mente aperta, liberandola da tutte le forme di condizionamento – memorie passate, conflitti interni ed esterni, proiezioni e credenze convenzionali. Non si tratta solo di un metodo di concentrazione o immaginazione religiosa, ma di realizzare in ogni momento che i fenomeni e i contenuti della coscienza sono interdipendenti ed impermanenti, e come tali essenzialmente vuoti. La contemplazione profonda porta ad atteggiamenti sia di calma che di chiara consapevolezza; stare in silenzio ma anche interrogarsi: la vita intera si manifesta come un grande “kung-an” o enigma, senza conclusioni od esiti. Equivale a domandarsi continuamente “cos’è questo?”, benché non sia necessario ripetersi la domanda verbalmente. Essendo noi come specchi agiamo in modo fresco e diretto, senza attaccamenti. Questa contemplazione è universale, non dipende da alcuna natura. È stata realizzata e insegnata principalmente dal Buddha e da tanti maestri di dhyana buddhista, ma occasionalmente anche da mistici e da liberi pensatori che non si identificano con il buddhismo. Guide significative per la contemplazione sono per esempio gli scritti dei maestri cinesi antichi (Huineng, Huangbo ed altri). È più facile contemplare restando seduti con gambe incrociate, ma l’osservazione deve continuare anche quando siamo in piedi, camminiamo, lavoriamo, mangiamo, eccetera. Dobbiamo essere consapevoli di ciò che facciamo, diciamo e pensiamo e quali sono le nostre motivazioni in ogni azione. La seduta contemplativa consiste nel sedere in silenzio con spina dorsale dritta e spalle rilassate, praticando una profonda respirazione addominale. Le mani possono restare in grembo – la sinistra dentro la destra – oppure sulle ginocchia. Gli occhi sono semiaperti, lo sguardo naturale verso il basso. La mente deve essere in sintonia con la “non-mente”, il che significa che invece di seguire i nostri pensieri e attaccarci a loro, noi semplicemente li lasciamo passare come nuvole nel cielo. Saremo così nello stato di puro essere: non cedendo alla tentazione di pensare a qualcosa e non cercando di acquisire qualcosa. La triade della solida postura, respirazione tranquilla e mente chiara ci aiuta a vuotare la coscienza, che diventa quindi come uno spazio infinito, completamente aperta a ciò che sta accadendo qui ed ora. Dalla mente unica (non frammentata) deriva la non-mente, mente che non dimora in nessun posto. La mente silenziosa è libera dall’egocentrismo. Poiché nella vera contemplazione ci sono naturalmente illimitata amicizia, compassione, gioia ed equanimità, qualità basate sul silenzio e che non possono essere sviluppate solo attraverso il pensiero. Lungo questo sentiero, praticando in questo modo possiamo scoprire la nostra vera natura, che è stata chiamata con molti nomi: natura di Buddha, quiddità, mente universale, mu (nulla), eccetera. La chiave di tutto ciò, il fulcro della questione, comunque sia, sta semplicemente nel capire la nostra coscienza in quel dato momento senza aspettarsi qualcosa di meraviglioso. All’inizio, quando la mente è irrequieta, possiamo osservare specialmente il respiro, seguendo con attenzione il processo di inspirazione ed espirazione. In seguito, si può anche lasciare espandere l’attenzione, essendo consapevoli del corpo intero, delle sensazioni, della mente. Ed infine essere consapevoli di ciò che è, di ciò che c’è, senza scelta, senza un oggetto fisso. Per calmare la mente, per alcuni praticanti è utile all’inizio per es. contare i respiri o fare recitazione mantrica, secondo le istruzioni del maestro.