Caro amico ti scrivo perché sto per salpare verso una nuova avventura. Che mi fa paura un casino… Il mio meccanismo interno, generatore di superlativi assoluti, ogni tanto va in tilt e mi crea scompiglio e fa fare cose di cui poi mi pento ma non riesco a smettere. Ti scrivo così, per vincere un po’ di quella paura… Ci vuole solo il mio coraggio. Io scrivo a tutti. Parlo a tutti. Chiedo spiegazioni. Esigo commenti. Così gli ho mandato una specie di mail che dentro ci ho spremuto ben bene cuore e fegato e coratella: la paura del salpo. Pardon, del salto. (Trattandosi di scrittore affermatissimo che può permettersi di giocare con le parole, ne ho voluto imitare l’esempio. Un salpo, un salto nel buio (Ah-ah.). Quella volta ti scrissi da Las Vegas, dal Far West… (ci sta che gli abbia dato noia il passato remoto, lui è di quelli che guai! al passato remoto)… ma stavolta vado a oriente. Ho deciso per il Vietnam. Così magari ti scrivo dalle rive del Mekong. E vediamo che effetto che fa. (Siccome è anche di sinistra, avrà pensato che lo prendo per i fondelli, che me la tiro, tipo, per il fatto che prima vivevo a Las Vegas. E ora vado in mezzo ai k’mer rossi e ai h’mong blu… Che c’è gente che pensa che siccome ci hai dentro un po’ di America, non puoi condividere certe ideologie o interessi. A Carrara, tutti lo pensano. Tutti quelli che conosco che ci hanno le ideologie un po’ anti-americane. So they say… Non posso dire bah sugli Stati Uniti che subito si infervorano. Se dico Las Vegas, pensano a sin city, al consumismo sfrenato; se dico New Orleans pensano al jazz, ai neri, alla gente che mangia beve canta e fuma. E vola per aria al primo uragano. MA STUDIATE PIU’ GEOGRAFIA (e guardate meno tv)! Poi vediamo che effetto che fa. Da queste parti di effetti non se ne avvertono più, manco di quelli collaterali. Da queste mie parti, ci si muove con cautela. Io odio la cautela. Come Gramsci odiava gli indifferenti. È uno schifo la cautela. È come il limo che si forma sul fondo del mare, a riva, che ti sembra di camminare sul letto di un fiume. Non è un effetto naturale, è anzi molto collaterale. In quanto collatera con la costruzione delle barriere al largo per arginare l’impeto della marea che si mangia la sabbia, si rosicchia la riva, e poi i bagnanti non vengono e sono cazzi. Bloccando l’impeto del mare, il mare poi suda. Suda dalla sabbia a riva . E si forma il limo. Un bell’effetto collaterale.
(Cosa mai avrò detto di offensivo? di sconveniente?)
Va be’, la tronco qui perché ora giro a vuoto (e quando io giro, è spesso a vuoto, mai a pieno.) (Ah-ah.), e ti dico che il tuo terzultimo libro è un altro di quei libri salvifici, un antidoto contro la cautela, contro il limo, contro i magoni, gli indifferenti, gli effetti collaterali, il Far West, ecco: è un libro che gira a vuoto ma alla fine ti riempie. Ora me ne compro un altro da portarmi sul Mekong che non si sa mai anche da quelle parti cominciano ad arginare troppo e poi si forma il limo.
Stammi bene.
(E che la prossima bistecca ti vada di traverso) .