Un’accoglienza in piena regola

Settembre 2013, on the way to Chios, Greece

L’impressione è che la gente si goda il proprio tempo senza fretta, malgrado l’odierna Smirne sia una città di tre milioni di persone: molto busy buzzy, lerciotta qua e là, accaldata, sudata e unta quanto basta, ma profumata di mare, gelsomini, agnello arrostito e spezie. Insomma, molto Palermo style per capirci.

My type of town.

Un vero motivo di questa divagazione turca a dire il vero non c’è, non ero mai stata a Izmir, atterrarci soltanto mi sembrava uno spreco. Che oltretutto è a un tiro di schioppo da Efeso. Se prima non arrivano i missili di Obama…
E insomma che per farvela breve all’atterraggio siamo io, Cruise, il Dio Pan e Bashar Al Assad con le sue belle bombolette spray… “L’Inghilterra per bocca di David Cameron ha già fatto sapere di avere un piano militare definito e che giovedì si potrebbe attaccare. L’Italia non si sa che pensa (quando mai!) e tanto aspetterà gli eventi. La Russia fa valere i veti a favore di Assad e Israele non ha dubbi: a qualunque provocazione rispondere col fuoco.”

The clock tower is the official symbol of Izmir. It is located Konak Square. It was built in 1901 to commemorate the 25th anniversary of Abdul Hamid II’s accession to the throne.       

Evviva…

Non credo di aver mai visto un carro armato dal vivo in vita mia, e non è un bell’effetto, un po’ mi dispiace perché in Turchia, non so perché, mi sono sempre sentita come a casa … La foto qui sotto comunque non è mia, i miei begli scatti si sono persi durante uno dei vari traslochi da un dominio (o webmaster) all’altro/a, e mi è toccato recuperarne un po’ dal web sennò senza foto, chi ti legge? Questa non è manco turca, l’ho presa da un quotidiano cipriota in onore del 59esimo anniversario della dichiarazione di indipendenza di Cipro dalla Gran Bretagna. Sapevate? Io no.

“Casa” in greco si dice σπίτι (spíti), ma seppure i Greci in fatto di ospitalità erano (e sono tuttora) imbattibili, la parola è oriunda delle nostre parti (mi chiedo che fine abbia fatto tutto il resto) …

Ospite

dal latino: [hospes] forse da [hostis] straniero, forestiero, pellegrino, le cui altre derivazioni acquisteranno un’accezione negativa, come con [ostile].

In tutte le lingue romanze continua ad esistere questa curiosa ambivalenza, per cui “ospite” significa entrambe le facce della medaglia – anche se nella lingua italiana attuale pare si privilegi l’indicazione di chi riceve ospitalità, piuttosto che di chi la offre.

Ma da questa confusione si può trarre un suggerimento nettissimo, ossia un invito ad osservare questo fenomeno inclusivo, questa relazione solidale, questo rito antico nella sua unità, specie alla luce della sua pure ambigua origine.

L’ospite è lo straniero che sì, può anche essere il nemico, ma a cui per sacro e tacito accordo si tributa accoglienza: così l’ostilità si annichilisce nell’ospitalità, scambio reciproco, atavico e supremo valore di civiltà – inviolabile: poiché, come ripetevano i Greci e i Latini, l’ospite che bussa alla nostra porta potrebbe essere Zeus o Giove camuffato.

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