Washington? Meglio Saigon

Washington, 26 dicembre mattina: conversazione con tassista Uber

Di dove?
Saigon…
You mean… Saigon like Ho Chi Min City?
Yes…
Aah, Vietnam, I love Vietnam! ci sono stata cinque settimane, che esperienza magnifica, sublime, non ritroverò mai più la raffinata semplicità dei cibi, della vostra cucina, me la sogno ancora…
Ma tu, perché sei qui? Why??

E in pratica la ragione dell’espatrio di Dau, giovane asiatico sulla trentina, sono… gli interessi.

Qui a Washington si è comprato la macchina a rate e le può restituire con comodità, in Vietnam o paghi tutto insieme o vai a piedi.
Really??
Really.
Mah…

Tassista (abusivo) di motoretta
Tassista di bove

Precisiamo, non è del tutto così. In Vietnam vivono novanta milioni di esseri umani, in un paese che è una virgola confronto agli Stati Uniti, i quali ne contano duecentoottanta milioni. Ognuno dei quali ha in media 2 auto e mezza a testa. Fate le dovute proporzioni e conclusioni. Se ogni vietnamita adulto e patentato avesse anche mezza auto a testa il paese scoppierebbe, io ci son stata e ho visto, già così, come sono combinate le strade, la gente si muove in motoretta. O in bici. O coi carretti. In gondola. Coi risciò. In altre parole penso che agli americani i vietnamiti gli facciano un po’ un favore, come dire, vi lasciamo fare e non inveiamo, E scusa anche se fosse…. I mean… voglio dire, non potevi fare un altro lavoro? Solo l’Uber driver sai fare? Non è mica quella gran soddisfazione, sai?! Lavorare a Natale e il giorno dopo e … E mi parte una filippica contro l’Occidente imperialista e schifoso che non riesco a frenare, il povero Dau prova a replicare ma il suo inglese si fa stentatissimo e non ci capisco niente, intuisco che Washington lo alletta di più, mentre avverto spifferi di gelo giungermi dal passeggero seduto dietro, la mia dolce e giovane guida comincia a incazzarsi, non sopporta che sua madre smascheri questo paese ad ogni pie’ sospinto (“perché non te ne resti a casa se devi sempre criticare? Sei la solita italiana che vuole dettare legge a casa degli altri!”), anche perché ha deciso di viverci per un po’ che mi piaccia o no, solo che a me non mi piace per niente ma questo è un dettaglio irrilevante e io non dovrei insinuarle dubbi ma solo certezze, mi ha suggerito suo padre. Io però credo che il mondo si smuova grazie ai dubbi e non alle certezze, specie le false, quelle che non piacevano a William Penn, solo che la sua stiirpe è finita, e anche la mia finirà, oh my god, finirà, finirà, la febbre invece non finisce, ieri sembrava andasse meglio stamani siamo punto e capo, mi fa male dappertutto e dobbiamo ancora raggiungere Richmond, Virginia, e domani chi se la sente di guidare fino alla Carolina del Sud, oh my god, oh my god, io non volevo venire per star male, e nemmeno per visitare questa città da day after, io volevo un po’ di sapore di famiglia, calmati, mi dico, calmati, mi calmo …

Tassisti metropolitani si consultano per capire come fare a portarmi a casa.

Tassista di risciò (chi va piano…).

E… l’inglese dove l’hai “imparato”? lo incalzo.
Youtube.
Giusto.
Vallo a spiegare al mio DS e ai colleghi che son rimasti qualche decennio indietro in fatto di tecniche di apprendimento , vabbé… non ci incazziamo ulteriormente.
?
No, niente, cercavo di ricordarmi il nome di quei noodles…
Dau mi guarda sorride e annuisce (la mia Virgilia dietro digrigna i denti, la lite è a un passo, il trip a Richmond sarà uno spasso), capisce una sega di quel che dico. Ma che gli frega? Gli basta localizzare una meta, gliela suggerisce google map. L’importante è restituire il prestito per la macchina in sette anni, al suo paese fa in tempo a morire.
Qui ci pensa il fast food a farlo fuori.
E … col mangiare come fai? Come te la mandi giù questa merda (dico crap, in realtà…che è un po’ meno brusco)?
Stavolta acchiappa al volo. Dice il Pho glielo fa la su’ sorella (a pensare ai colleghi mi è venuto un rigurgito labronico).
Deh.
E mi ritorna in mente il sublime cibo del PhốCổ. Leggete e guardate qua!  (e commentate e leccatevi i baffi!).

Siamo arrivati. Frena. Scende e gentilmente ci prende i bagagli. Da questo ingresso della Washington station si gode una prospettiva che arriva dritta al Campidoglio. Molto suggestiva. A me non mi smuove niente.
Recuperiamo i trolley, la mia Virgilia sfodera molti sorrisi, gran parte dei quali servono a chiedere scusa dei talenti di sua madre, poi lui sale in macchina e noi attraversiamo, ma io continuo a guardare mentre rimette in moto, si aggiusta alla guida, dà un sorso al suo latté da 7$ e via che riparte, a scorrazzare altri clienti.

Con sette dollari, penso, nel  PhốCổ ci facevo pranzo e cena, aah, che sublime! 
Poi mi viene in mente una cosa molto sharp che un giornalista ha detto a Radio 3 settimane fa, Chi critica i consumi, ha già consumato.
E mi sento un tantino ipocrita.

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