Io viaggio all’incontrario: non per evadere ma per sentirmi sempre a casa. Una mia amica mi ha scritto – in risposta ad alcune foto di interni ed esterni che le ho inviato di dove mi trovo – Wow, che meraviglia, chi te lo fa fare di tornare? (Sottotesto, A chi frega se resti o torni?).
Ma cosa vai a pensare…
Il punto è, su di me il viaggio agisce all’incontrario, io viaggio per potermi sentire a casa. Per sapere che ovunque io decidessi di andare, troverei sempre qualcuno ad accogliermi.
Io i miei “accoglitori” me li ricordo quasi tutti, sparpagliati in tanti angoli di mondo. Mi ricordo l’accoglienza militaresca (!) a Smirne, mi ricordo di Akbar, un ragazzo iraniano di Yazd con cui ho passato una mattina intera ad aiutarlo per un esame di inglese che aveva il giorno dopo in cambio di tè e storie della sua città.
E mi ricordo di Tung e di Trang e della loro casa alla periferia di Hanoi, per più di un mese mi hanno trattata come la zia dell’Occidente. Mi ricordo di Don Luis, un pescatore greco che alle otto di mattina avvistatami su uno scoglio nel suo “giardino” marino, intuendo non so come che fossi italiana, mi ha portato una tazza di caffellate con gallette. Appena torno a casa aggiungo la foto che si è persa. Mi ricordo di Mounir, a Shiraz, e della ceretta a casa sua, e siccome ci abbiamo messo quaranta minuti ad andare e quaranta a tornare, sulle prime avevo pensato mi volesse rapire e derubare!
Per non parlare di come mi sono sentita in Israele e Palestina, grazie alla splendida figura di Tali Murdoch che si è presa cura di me come di una sorella.
Ecco, quando sono “a casa” spesso mi sento una forestiera, mentre quando viaggio quasi sempre mi sento a casa. Ripesco nelle persone che incontro frammenti di me, pensieri, abitudini, gusti, manie. La nostra attuale host, per esempio, Jen, appena conosciute, e abbiamo subito cliccato. Per via della comune abnegazione per le teste di ‘azzo, arte nella quale sembra anche lei essere versatissima. In questi giorni è alle prese con una ENORME!
Wi l l i a m Penn si dev’essere chiesto più volte dove fosse casa sua. In Patria certo non si sentiva felice, realizzato, malgrado il lascito paterno, gli onori, i titoli, e più di una volta, come il padre (ma per diversi motivi) si ritrova a dormire in gattabuia. Sir Penn Sr era stato per il Commonwealth di Cromwell un asso vincente. Ammiraglio esperto e ufficiale di marina plurigraduato aveva valso alla corona inglese più di una conquista, fra cui quella della Jamaica dove Penn riuscirà a stabilire una stazione di commercio duratura britannica. Purtroppo la sconfitta cocente e perdita della più importante isola di Hispaniola gli causeranno la confisca delle terre ricevute in premio dal re, e lui stesso verrà imprigionato per parecchio tempo.
Il temperamento irrequieto del figlio non gioveranno alla sua causa. Le idee politiche e filosofiche del giovane William andavano contro la morale e i dettami del tempo, tempo in cui si sentiva scomodo, di certo non benvoluto, perché cantava fuori dal coro. La sua è una vita di continue ribellioni, prima fra tutte l’appartenenza al movimento dei Quaccheri – che ancora oggi desta parecchia curiosità per la modernità del pensiero e per le atrocità subite dai suoi membri nel corso degli anni. Più volte viene ammonito dal re, più volte il padre tenta di far mettere al figlio la testa a posto, di calmarne i bollenti spiriti.
Stiamo parlando della metà del Seicento. La Riforma continua a far sentire i suoi effetti, i Quaccheri, la società degli Amici, come si faranno chiamare, subiscono una serie infinita di persecuzioni e condanne, specialmente il loro fondatore, George Fox, personaggio carismatico e molto sovversivo, troppo avanti per il suo tempo, di una genialità fuori dal comune. Una sua frase (rimasta a lungo appiccicata al mio frigo) passerà alla storia ispirando non pochi movimenti politici rivoluzionari : La falsa pace va disturbata. Capite bene che con un motto simile in testa, la strada verso l’illuminazione è irta di ostacoli. I Quaccheri dell’epoca di Penn, la chiesa anglicana e cattolica non li potevano vedere: come poter ben vedere gente che si rifiuta di giurare; di togliersi il cappello davanti ai nobili; di bere alcolici; di rispettare le gerarchie (pensando invece che tutti siamo uguali soprattutto nella ricerca della Luce, la quale è già dentro di noi, va solo cercata con metodo, abnegazione, disciplina?). Concetti come libertà personale, responsabilità delle proprie azioni; fraternità; tolleranza e rispetto delle differenze erano – e ancora sono – alla base della filosofia degli Amici. Una dottrina a dir poco sovversiva…
Quando penso agli irregolari dell’epoca, ai rivoluzionari, agli scomodi, ai disturbatori di (falsa) pace, io immagino cosa potesse significare per gente così l’opportunità unica e irripetibile di ricominciare altrove.
E immagino anche cosa Giorgio Secondo deve avergli detto al giovane William, più o meno: Figliolo, se continui così finisci male, lascia perdere quei “falsi” amici, scegli altre frequentazioni. Pensa a tuo padre che è morto ma il suo nome dovrà rimanere ai posteri: non infangarlo. Pensa alla famiglia, pensa al tuo paese…
Su questo pezzo di carta c’è la tua seconda home, fanne buon uso, fatti valere, e tieni alto il nome della tua prima Patria. L’Inghilterra è con te.
(Sottotesto: E restaci, nessuno sentirà la tua mancanza.)