Certi significati si disvelano a strati. E viaggiare significa andare in profondità.
E già.
Ma mia madre ha da sempre paura di affondare. E cerca di restare immobile aggrappandosi ovunque può. In mare comincia a iperventilare con l’acqua al ginocchio. Gonfia le guance e poi espira. E a volte la sento soffiar fuori l’aria anche mentre lava i piatti. L’ho beccata in flagrante un paio di volte anche durante due sorpassi sulla 4 corsie che, mm…
A nove anni mi ha sconvolto il Viaggio di Pirandello, la versione cinematografica di Vittorio De Sica con Burt Lancaster e la Sofia Loren. E’ la storia di un amore soffocato a lungo che riesce a vedere la luce grazie a un viaggio tragico e mortale: il marito di Adriana (Sofia Loren) muore precipitando giù da una scarpata, la macchina si incendia e lui non arriverà mai a destinazione. Al suo posto giunge anni dopo il fratello del defunto, Cesare/Burt, da sempre innamorato – e corrisposto – da Adriana/Sofia, anche se lei poi muore di malattia all’alba delle tante sospirate nozze (tanto per spoilerare un po’ la voglia di leggersi le Novelle per un anno ):
viaggiare significa andare in profondità.
Evitando le buche più dure.
(E di volare giù da un parapetto.).
Con mia madre invece si finì fuori strada in curva a bordo di un motorino di quelli con le ruotine piccole e tozze che usavano negli anni Settanta. All’incirca avevo l’età in cui il mio primo amore segreto, mio zio, mi aveva portato a vedere il film di De Sica al Politeama di Carrara. A me e alla mia genitrice andò meglio che al marito della Loren. Mia madre prese male la curva, allo stop stava arrivando una macchina dal lato opposto, il Benelli si inchioda e … pata-puff: scivolone sull’asfalto e voliamo a terra: io da una parte , lei dall’altra. Me la cavo con un ginocchio sbucciato.
Ma da lì in poi le cose cambiano ,e credo sia stato, dopo l’episodio del figliol prodigo, il momento in cui ho perso totalmente la fiducia nei miei genitori, e come Gesù, da quella volta in poi mi sono incamminata da sola.
Monta, eddai, e monta..!
‘Nz.
Alla ricerca di un “padre mio” (che ancora non ho trovato).
E che moriva fra una settimana esatta di sette anni fa, per la Presa della Bastiglia, forse per liberarmi – così mi illudevo – da una schiavitù come la Rivoluzione francese doveva liberare il Terzo Stato dalla tirrania soffocante di una monarchia ingiusta e soverchiante (così si illudevano.). Questa volta alla guida ci sono io, la madre al mio fianco, io che rubo i fichi da un campo della costa abruzzese in questa fresca mattina di inizio luglio, lei che mi fa da palo.
Negli anni il mio posto all’interno dell’abitacolo di un’auto è cambiato, e di conseguenza anche il punto di vista: prima dietro, nel back seat, poi passenger seat, complice, vittima, giudice, i ruoli ce li siamo passati un po’ tutti, ma sempre lui alla guida, fino a quando, sette anni fa, dopo averlo accompagnato per l’ultimo viaggio, il suo posto alla guida l’ho conquistato io.
Domani inizio una settimana di scuola estiva, una specie di colonia per teachers di buona volontà desiderosi di cambiare il mondo. E lei è contenta che ancora una volta mi “accompagna a scuola.”
Ma siamo evidentemente male in arnese senza il pezzo essenziale della famiglia, quello che in un triangolo isoscele è l’ipotenusa, anche se noi siamo sempre stati piuttosto scaleni: i tre lati di una forma geometrica strana, indefinibile come famiglia.