Partire è un po’ come morire

Rieccomi col fiato corto alla partenza, schiacciata da mille impegni e committments,

come sempre non sono riuscita a preparare la giusta suspense narrativa per questo viaggio, non sono una buona pastor*.

Mi sono rimaste un sacco di cose sulla to do list non finite, tipo:

  • la costruzione di un campo di concentramento per zanzare nella mia veranda barra giardino;
  • il drappeggio per coprire le sgrognature dell’umidità di risalita sul muro di confine della milanese imbruttita (come le sue sgrognature);
  • le bacchette x le tende di cui sopra, che vanno fatte fare da un fabbro, che quando ciavevo un marito rispettavano gli impegni presi, da quando sono single, vengono, promettono e poi non li rivedi più;
  • il doppio attacco alla gomma da innaffiare;
  • la visita dal ginecologo per vedere se la mia ciste ovarica ha deciso di piantare le tende per sempre o levarle;
  • Moni Ovadia a Castelnuovo Magra, sigh;
  • di capire se il Servizio a Tutele graduali di Arera applicherò tariffe assurde oppure continuerà a tutelarci un po’, noi fedeli utenti che non rientriamo fra i vulnerabili e abbiamo strenuamente deciso di non abbandonare la nave.
  • una trentina di video, post, da editare, programmare, per non parlare dell’accommodation lungo il viaggio, ché la sola cosa che ho prenotato è il passaggio in mare Amsterdam – Newcastle: ebbene sì, siori e siore: quest’anno rotta alternativa, e si punta a nord!

E a proposito di passaggi in nave, concludo dicendo che dai tempi del vecchio Bill l’areonautica civile ne ha fatti di passi avanti, purtroppo ne ha rifatti poi anche all’indietro, e volare oggi per me con tutti i suoi risvolti fatti di attese, cancellazioni, tempo perso, gente cafona, regole inutili e squallide scomodità, è divenuto insopportabile.
Quindi io e il mio collaudatissimo compagno di viaggi ce la facciamo on the road: un po’ su ruote, un po’ su onde, un po’ a pe’, un po’ d’ corsa… come diciamo noi a Carrara.

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