Da quando ho cominciato a scrivere e a interrogare google sulla 2a guerra mondiale, i suoi sbarchi e reimbarchi, l’algoritmo di yt continua a mandarmi video di guerra, assalti simulati, cani imbragati e aggrappati alla schiena di soldati trascinati in quota da un elicottero (!), testimonianze di veterani, foto storiche, e l’altro giorno questi video che vi voglio condividere.
Nel primo c’è questo signore che con la mano setaccia la sabbia in cerca di qualcosa, in realtà lo fa per via del Parkinson, mentre dice:
Qui dentro non c’è sangue, ma quando sbarcai io c’era.
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Ha compiuto da poco 100 anni, per questo ha il Parkinson.
Poi mi son messa a guardarne molti altri, sconvolta dall’idea di cosa hanno vissuto certe persone – al di là delle atrocità compiute e di qualunque possibile retorica – robe che noi possiamo solo immaginare grazie a film come quello di Nolan.
Credo che chi le ha vissute da protagonista , ed è sopravissuto, non possa fare a meno di desiderare due cose, dopo che la realtà si è ripristinata e tutti hanno dimenticato e archiviato: raccontare l’inferno, cercare qualcuno che come loro è passato da lì.
Scusate ma mi sono molto emozionata, quindi sono andata a guardarmi altre testimonianze di chi ha vissuto il D-Day in prima linea, toccando quella sabbia, disseppellendo e seppellendo compagni.
Tenente colonnello Nigel Clogstoun-Willmott (della Royal Navy britannica) in uniforme speciale COPP.
Prese parte nella missione sulle coste normanne per raccogliere campioni di sabbia prima di D-Day.
L’operazione COPP (Combined Operations Pilotage Parties) prevedeva l’invio segreto di minisommergibili (sotto ho messo un video originale con un ufficiale dell’epoca che ne descrive dettagliatamente anche l’interno, angolo cottura incluso!) che si avvicinassero il più possibile al litorale normanno per raccogliere campioni di sabbia e vagliare accuratamente tutte le vafrie difficoltà di sbarco. Il tenente colonnello Clogstoun-Willmott fu il primo ad andare in missione. I campioni di sabbia che aveva il compito di raccogliere servivano a confermare che la superficie in certe zone destinate allo sbarco fosse idonea a reggere il peso quello dei carri armati che avrebbero combattuto nel D-Day.
Credits : https://theddaystory.com/discover/d-day-timeline/
S
Sì, lo so, è in inglese.
Fortuna vuole che la vostra blogger sia anche un’ottima online teacher : fatevi avanti e imparatevi ‘sta lingua, che siamo rimasti noi (e i portoghesi) a non saperla.
Per quanto riguarda l’uso della lingua inglese penso che anche i francesi siano sulla nostra lunghezza d’onda. 🙄🙄🙄
Ultimamente sono migliorati, i francesi, mentre i tedeschi peggio di gran lunga, dai che aseptti, fatti un corsetto di inglese con Miss Sonia.
😉
Sonia,sono felice che anche tu ti emozioni per sapere dai diretti interessati come hanno potuto sopravvivere in quella guerra,come in tutte le guerre del mondo. A tal proposito, sto leggendo un libro di Erich Maria Remarque,edito da Neri Pozza,dal titolo: Niente di nuovo sul fronte occidentale, che ti fa vivere,nella sua scrittura, la prima guerra mondiale in trincea nella prima linea di combattimento! È un racconto di vero orrore e di una umanità infinita tra i compagni d’armi! È commovente capire quanto i soldati (ragazzi di 18-20 anni),siano così umani in situazioni così disumane! Visitare le spiagge dello sbarco del D DAY dovrebbe essere un obbligo per tutti almeno una volta nella vita! luigi
Grazie del commento Luigi, stimolante come sempre.
L’ho messo in lista, il libro di Rilke, che non ho mai letto.
S.
Per quanto riguarda lo studio della lingua inglese,credo che nella maggioranza degli Stati nel mondo 🌏 parlino l’inglese perché lo insegnano dall’asilo!!!! Da noi invece no!!!! Noi,che siamo un paese RICCO,dobbiamo iscriverci al Kent Institute,pagare,ultimare il corso con un soggiorno in G.B!!!!! Bye,bye